Lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili, e i vantaggi che queste comporteranno, saranno determinati sia dalla tecnologia, ma anche dalla partecipazione attiva dei cittadini-prosumer.
Ogni comunità può diventare una centrale elettrica virtuale (VPP) caratterizzata da cinque elementi, di cui i primi due inerenti agli aspetti sociali (tipo di comunità e la logica su cui si basa), mentre gli altri hanno carattere tecnico-energetico (il portafoglio delle risorse energetiche distribuite, l’architettura di controllo e il ruolo della comunità nel sistema energetico).
Tra i vari soggetti c’è il facilitatore, un soggetto-ponte che offre i propri servizi alla comunità energetica che egli stesso sostiene, e che si mette in relazione con chi opera nel mercato elettrico.
Da un rapporto redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, sono state individuate le possibili configurazioni di CER con i rispettivi modelli di business.
Secondo la direttiva UE e la normativa italiana i cittadini possono spontaneamente creare una comunità energetica attraverso l’aggregazione dei POD connessi alla stessa cabina secondaria, la realizzazione di un impianto fotovoltaico e diventare così un soggetto giuridico che deve essere riconosciuto dal GSE. Tuttavia, l’aggregazione spontanea risulta poco conveniente a causa di vari ostacoli di difficile risoluzione, come accedere ai dati istantanei dei consumi e alle corrispondenze di POD e cabine secondarie.
Per questo motivo si prevede di impiegare nelle comunità energetiche dei dispositivi di misura per poter avere immediata visibilità dei dati di produzione e consumo: il primo passo per trasformare le CER in VPP di comunità.
L’Energy Community Developer, ovvero il facilitatore, si occuperà di tutte le operazioni preliminari alla creazione, sviluppo e gestione di una CER grazie a tre possibili modelli di business, che possono essere base o premium. Nella configurazione base:
- l’impianto fotovoltaico è l’unica tecnologia presente;
- l’attività di fornitura comprende il dimensionamento, la progettazione, la gestione e la manutenzione dell’impianto.
Invece, nella configurazione premium:
- l’offerta comprende l’impianto fotovoltaico, lo storage e le infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici;
- l’attività di fornitura comprende il dimensionamento, la progettazione, la gestione e la manutenzione dell’impianto.
Il primo modello, che costituisce la configurazione minima, il facilitatore provvederà a:
- ricercare e aggregare i membri della CER;
- realizzare gli impianti fotovoltaici in collaborazione con soggetti specializzati;
- mettere a disposizione le infrastrutture di misura.
E qualora l’ECD, oltre all’impianto FV, mettesse a disposizione anche:
- sistemi di accumulo e colonnine di ricarica di EV;
- una piattaforma SW per le funzioni di monitoraggio.
Questa configurazione potrebbe trasformarsi da base a premium, con un’ulteriore ottimizzazione dei flussi di produzione e consumo per massimizzare la quota di energia condivisa e gli incentivi.
Nel secondo modello di business, l’ECD può proporre ai membri della comunità interventi di efficienza energetica validi sia per la configurazione base sia per la premium.
Nel terzo modello di business, l’ECD può proporre alla CER di aderire ai servizi di flessibilità per il Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD) per il tramite di un aggregatore (BSP) dotato di infrastrutture UVAM. La presenza di sistemi di accumulo e colonnine per la ricarica EV arricchisce la configurazione di tecnologie flessibili.
Tale ulteriore sviluppo, che sarà possibile dopo un periodo di sperimentazione di autoconsumo collettivo, risulta fondamentale per garantire stabilità alla rete fornendo margini di flessibilità e perché costituisce un valore aggiunto sia dal punto di vista del business sia per la transizione energetica.
Grazie a questi modelli di business aumenteranno i vantaggi economici che saranno poi suddivisi tra le comunità energetiche e gli operatori; i membri potranno rinunciare a fare investimenti demandandoli alle ESCo, a cui sarà corrisposta una quota maggiore dei vantaggi conseguiti, fino all’ammortamento dell’investimento; oppure, gli stessi potranno autofinanziare gli investimenti per creare impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica EV e gli interventi di efficientamento, incamerando anche il vantaggio finanziario.
Per quanto riguarda l’ambito sociale, le comunità energetiche possono contribuire ad aumentare il numero di attori partecipanti al mercato dell’elettricità; ma non è detto che riescano a riportare l’energia fuori dalle logiche di mercato. Infatti, vendendo e accumulando energia, gli utenti si trasformano gli utenti in “attori del mercato” che devono competere tra loro, sovrastati dagli operatori storici dell’energia;
con il rischio che questo approccio possa aumentare il potere delle grandi compagnie energetiche, minando le iniziative energetiche minori, che il regolamento promette di proteggere e al contempo rallentando il processo di decarbonizzazione del sistema elettrico.
Per questo le CER dovranno cercare di rimanere autonome, aiutate magari dai Comuni e dalle Regioni italiani per la fase di aggregazione dei membri intorno a valori e obiettivi condivisi, dotandosi e mettendo a disposizione le competenze e le risorse per monitorare e gestire i processi, fare esperienza e massa critica per candidarsi alla gestione delle reti di distribuzione quando scadranno le concessioni nel 2030.
Vi terrò aggiornati.
Avv. Romina Zanvettor
Apre il mercato delle CER