Assegno divorzile: la questione è rimessa alle Sezioni Unite, ma i Giudici continuano a pronunciarsi

Assegno divorzile: la questione è rimessa alle Sezioni Unite, ma i Giudici continuano a pronunciarsi

Il matrimonio è un atto di libertà e di autoresponsabilità, il luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita e, in quanto tale, è dissolubile. Pertanto, non è configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale goduto in costanza di matrimonio. L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile è il raggiungimento dell’indipendenza economica e non, invece, il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi”.

Con una svolta epocale, la Corte di Cassazione, con la ormai nota sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, ha ancorato il diritto al mantenimento nel divorzio al presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole, ritenendo dopo 27 anni non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio, ora ravvisato come ingiusto arricchimento.

Il Giudice chiamato a decidere circa la spettanza o meno dell’assegno (c.d. fase dell’an debeatur), dovrà verificare se il coniuge richiedente (onerato della relativa prova) sia effettivamente sprovvisto di mezzi adeguati e se sia impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive; soltanto in tal caso potrà sussistere il diritto all’assegno divorzile.

Gli indicatori di “autosufficienza economica” sono individuati nei seguenti parametri: il possesso di redditi di qualsiasi specie, cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari (tenuto conto degli oneri imposti e del costo della vita nel luogo di residenza), le capacità effettive di lavoro personale, la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Il Tribunale di Milano, sez. IX civile, con ordinanza del 22 maggio 2017, adeguandosi immediatamente ai nuovi criteri di determinazioni elaborati dalla Corte di Cassazione, ha aggiunto un altro elemento valutativo: l’importo minimo reddituale, fissato in Euro 1.000, oltre il quale chi richiede l’assegno divorzile non può ottenerne il riconoscimento.

La pronuncia della Suprema Corte ha avuto un grandissimo impatto sulle persone coinvolte in vicende di separazione e divorzio e sono stati molti i ricorsi proposti, volti a chiedere la revisione degli assegni di divorzio o l’estensione del nuovo principio anche in materia di separazione.

Non solo. Dopo il recente mutamento giurisprudenziale in materia di assegno divorzile della Cassazione Civile prima Sezione Civile, molti Giudici di legittimità hanno già dichiarato di volere dare continuità all’orientamento introdotto e accogliere, così, anche le richieste avanzate dallo scrivente Studio Legale.

Vista l’importanza di tale mutamento giurisprudenziale, destinato a modificare anche l’assetto del diritto di famiglia, la questione concernente il riconoscimento dell’assegno di divorzio è stata da poco rimessa alle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, su iniziativa del primo Presidente Giovanni Canzio. Si attende l’emissione del decreto di fissazione dell’udienza, che dovrebbe essere prevista per aprile 2018.

A oggi, nonostante la suddetta richiesta di un intervento chiarificatore, le Corti d’Appello, i Tribunali e la stessa Corte di Cassazione stanno continuando a pronunciarsi in senso favorevole al nuovo orientamento.

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

Assegno divorzile: la questione è rimessa alle Sezioni Unite, ma i Giudici continuano a pronunciarsi

Commenta