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BPV e VB: da oggi decorrono i sessanta giorni per presentare le domande di insinuazione al passivo

Nella giornata di ieri, tramite i siti internet di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca in l.c.a., i Commissari Liquidatori dei due Istituti hanno annunciato la conclusione della due diligence e comunicato a tutti i creditori che da questa data decorrono i termini di sessanta giorni di cui all’art. 86, comma 5, T.U.B, per la presentazione delle domande di insinuazione al passivo.

Pertanto, il termine ultimo per poter inviare ai Liquidatori la richiesta di riconoscimento del proprio credito, corredata dai documenti giustificativi del proprio diritto, è il giorno 23 aprile 2018.

I Commissari hanno precisato, inoltre, che prenderanno in esame anche tutte le domande di insinuazione già presentate in estate a seguito della pubblicazione del decreto legge n. 99/2017.

 

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

 

BPV e VB: da oggi decorrono i sessanta giorni per presentare le domande di insinuazione al passivo

Processo penale Banca Popolare di Vicenza: si attende l’udienza del 21 aprile

Gli investitori che hanno visto azzerarsi i propri risparmi dovranno aspettare l’udienza del 21 aprile p.v. per sapere se il procedimento penale in corso rimarrà incardinato a Vicenza, ovvero sarà trasferito per competenza avanti altri Tribunali (a Roma o a Milano).

La Procura si è opposta fermamente alla richiesta dei difensori degli imputati di spostare il procedimento in altri distretti, sostenendo la competenza del Tribunale di Vicenza, già forte della decisione della Cassazione, che si è pronunciata in tal senso in ordine al sequestro dei 106 milioni quali «profitto del reato».

Il GUP dovrà, altresì, decidere se al processo pendente verrà riunito il nuovo filone di indagini da poco concluse con cui la Procura contesta altri episodi di ostacolo all’attività di vigilanza di Banca d’Italia e Banca Centrale Europea, durante l’attività ispettiva del marzo-agosto 2014, nonché di Consob per quel che riguarda l’aumento di capitale del 2014.

Queste, dunque, le due questioni su cui dovrà pronunciarsi il Dott. Roberto Venditti, che nel frattempo ha deciso di sospendere l’udienza preliminare in corso, al fine di far approdare anche il secondo troncone alla fase dell’udienza preliminare.

L’avviso di chiusura delle ulteriori indagini, come anticipato in precedenza, è stato consegnato agli stessi soggetti imputati nel primo procedimento penale, che avranno venti giorni di tempo per farsi interrogare o depositare memorie difensive, trascorsi i quali i PM potranno chiedere il rinvio a giudizio. Passaggio che, si dice, potrebbe avvenire già a metà marzo.

E a breve verranno decise anche tutte le richieste di sequestro conservativo avanzate dalle parti civili: è di ieri la notizia che il giudice avrebbe già accolto alcune delle istanze formulate dalle parti civili. I sequestri riguardano sia i beni di ex amministratori, sia quelli trasferiti a parenti. I patrimoni in questione sono quelli dell’ex presidente Gianni Zonin, dell’ex direttore della divisione finanza Andrea Piazzetta, del già consigliere in Cda e presidente della Confindustria Berica Giuseppe Zigliotto, del dirigente che redigeva i documenti contabili Massimiliano Pellegrini.

E’ certo che, a prescindere dalla riunione o meno dei due processi e di dove verranno incardinati gli stessi, i risparmiatori potranno comunque costituirsi parte civile e richiedere il risarcimento dei danni subiti.

 

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

Processo penale Banca Popolare di Vicenza: si attende l’udienza del 21 aprile

BPVI: chiuse le indagini anche del secondo filone per il reato di ostacolo alla vigilanza

Lo avevamo preannunciato qualche settimana fa sul nostro sito: in capo agli ex vertici della Banca vicentina e allo stesso Istituto, per la propria responsabilità amministrativa, sono state formulate nuove accuse di ostacolo all’attività di vigilanza da parte di Bankitalia, Consob e Bce, relativamente all’ispezione del marzo-agosto 2014, condotte illecite poste in essere per l’aumento di capitale 2014.

Nei giorni scorsi, infatti, la Procura ha chiuso le indagini preliminari su questo nuovo filone, che nelle scorse settimane ha portato al super sequestro di 106 milioni di Euro giacenti su un conto corrente intestato alla Banca ed è stato consegnato l’avviso di chiusura delle indagini ai già noti indagati, imputati nel maxiprocesso in corso in queste settimane: si tratta dell’ex Presidente della Banca Giovanni Zonin, dell’ex Direttore Generale Samuele Sorato, dei suoi vice, Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta e Paolo Marin, del dipendente Massimiliano Pellegrini, dell’ex componente del Consiglio di Amministrazione Giuseppe Zigliotto e, infine, della Banca, oggi in liquidazione coatta amministrativa.

Sembra che la Procura chiederà di riunire questo procedimento all’altro già avanti al Gup Dott. Roberto Venditti, al fine di evitare sdoppiamenti.

Lo Studio Legale, non appena saranno rese note le richieste della Procura in merito alla riunione dei procedimenti, valuterà le nuove costituzioni di parte civile anche per i nuovi fatti contestati.

Vi terremo aggiornati.

 

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

BPVI: chiuse le indagini anche del secondo filone per il reato di ostacolo alla vigilanza

Assegno divorzile: la questione è rimessa alle Sezioni Unite, ma i Giudici continuano a pronunciarsi

Il matrimonio è un atto di libertà e di autoresponsabilità, il luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita e, in quanto tale, è dissolubile. Pertanto, non è configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale goduto in costanza di matrimonio. L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile è il raggiungimento dell’indipendenza economica e non, invece, il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi”.

Con una svolta epocale, la Corte di Cassazione, con la ormai nota sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, ha ancorato il diritto al mantenimento nel divorzio al presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole, ritenendo dopo 27 anni non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio, ora ravvisato come ingiusto arricchimento.

Il Giudice chiamato a decidere circa la spettanza o meno dell’assegno (c.d. fase dell’an debeatur), dovrà verificare se il coniuge richiedente (onerato della relativa prova) sia effettivamente sprovvisto di mezzi adeguati e se sia impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive; soltanto in tal caso potrà sussistere il diritto all’assegno divorzile.

Gli indicatori di “autosufficienza economica” sono individuati nei seguenti parametri: il possesso di redditi di qualsiasi specie, cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari (tenuto conto degli oneri imposti e del costo della vita nel luogo di residenza), le capacità effettive di lavoro personale, la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Il Tribunale di Milano, sez. IX civile, con ordinanza del 22 maggio 2017, adeguandosi immediatamente ai nuovi criteri di determinazioni elaborati dalla Corte di Cassazione, ha aggiunto un altro elemento valutativo: l’importo minimo reddituale, fissato in Euro 1.000, oltre il quale chi richiede l’assegno divorzile non può ottenerne il riconoscimento.

La pronuncia della Suprema Corte ha avuto un grandissimo impatto sulle persone coinvolte in vicende di separazione e divorzio e sono stati molti i ricorsi proposti, volti a chiedere la revisione degli assegni di divorzio o l’estensione del nuovo principio anche in materia di separazione.

Non solo. Dopo il recente mutamento giurisprudenziale in materia di assegno divorzile della Cassazione Civile prima Sezione Civile, molti Giudici di legittimità hanno già dichiarato di volere dare continuità all’orientamento introdotto e accogliere, così, anche le richieste avanzate dallo scrivente Studio Legale.

Vista l’importanza di tale mutamento giurisprudenziale, destinato a modificare anche l’assetto del diritto di famiglia, la questione concernente il riconoscimento dell’assegno di divorzio è stata da poco rimessa alle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, su iniziativa del primo Presidente Giovanni Canzio. Si attende l’emissione del decreto di fissazione dell’udienza, che dovrebbe essere prevista per aprile 2018.

A oggi, nonostante la suddetta richiesta di un intervento chiarificatore, le Corti d’Appello, i Tribunali e la stessa Corte di Cassazione stanno continuando a pronunciarsi in senso favorevole al nuovo orientamento.

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

Assegno divorzile: la questione è rimessa alle Sezioni Unite, ma i Giudici continuano a pronunciarsi

Sequestrati 106 milioni di euro a Banca Popolare di Vicenza. I risparmiatori tornano a sperare

La Guardia di Finanza di Vicenza, su incarico della Procura della Repubblica, due giorni fa ha sequestrato 106 milioni di euro giacenti in un conto corrente acceso presso una filiale di Milano di Monte dei Paschi di Siena e intestato a BPVI, oggi in liquidazione coatta amministrativa.

Questa somma è stata confiscata perché rappresenta, secondo l’accusa, il profitto illecito realizzato dalla Banca in occasione dell’aumento di capitale del 2014, reso possibile dall’attività di ostacolo alla vigilanza della Consob.

Questo, infatti, è il reato che viene contestato all’ex dg Samuele Sorato e all’ex vicedirettore Emanuele Giustini, già imputati nell’altro e diverso procedimento penale avanti il Tribunale di Vicenza (allo stato in fase preliminare) e per cui l’Istituto risponde in ordine alla propria responsabilità amministrativa.

Attualmente questo nuovo filone giudiziario è ancora in fase di indagini preliminari e i numerosissimi risparmiatori che hanno aderito all’aumento di capitale 2014 stanno attendendo fiduciosi il rinvio a giudizio degli imputati, nella speranza di vedersi finalmente risarcire la perdita subita, soprattutto alla luce del maxi sequestro eseguito.

Lo Studio Legale sta vagliando la possibilità della costituzione di parte civile dei danneggiati e la relativa strategia difensiva e Vi terrà costantemente aggiornati sugli sviluppi della vicenda.

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

Sequestrati 106 milioni di euro a Banca Popolare di Vicenza. I risparmiatori tornano a sperare

Rinnovabili: l’applicazione della “Manovrina 2017” per gli impianti fotovoltaici con moduli non certificati

Come è noto, la Legge 21 giugno 2017 n. 96, recante “misure urgenti in materia finanziaria, per gli enti territoriali e le zone terremotate, nonché misure per lo sviluppo”, la quale contiene, tra le altre disposizioni, una norma (ovverosia l’art. 57 quater), c.d. “manovrina”, ha disposto una misura sanante per impianti fotovoltaici di potenza superiore a 3kW, i cui pannelli sono sprovvisti delle certificazioni previste dalla varie discipline incentivanti, ovvero muniti di certificazioni non conformi a quelle richieste.

In luogo della revoca, viene applicato un taglio del 20% sulla tariffa incentivante per gli impianti fotovoltaici superiori ai 3 kW per i quali “sia stata riscontrata l’installazione di moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento”, a condizione che ci sia “una sostanziale ed effettiva rispondenza dei moduli installati ai requisiti tecnici e la loro perfetta funzionalità e sicurezza”.

La norma in questione mira a salvare la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica scaturente da impianti installati da operatori che, in buona fede, hanno installato pannelli sforniti dei requisiti di cui sopra, nonché a deflazionare i conseguenti contenziosi in essere.

Il procedimento per ottenere la riduzione di tariffa, a seguito di revoca, deve essere avviato su istanza di parte, presso il GSE, e presuppone che il Soggetto Responsabile abbia proposto le azioni consentite dalla legge, nei confronti dei soggetti cui è ascrivibile la non conformità dei moduli, verso i quali è, comunque, fatto salvo il diritto di rivalsa.

Quindi, è necessario radicare il procedimento civile per inadempimento contrattuale e risarcimento del danno e, contestualmente, comprovare la sostanziale ed effettiva rispondenza dei moduli installati ai requisiti tecnici e la loro perfetta funzionalità e sicurezza.

Il GSE, a seguito del ricevimento della suddetta istanza, corredata di tutta la richiesta documentazione, avvia un procedimento amministrativo, ex Legge 241/90, finalizzato al riconoscimento della tariffa incentivante base, decurtata così come da richiesta del Soggetto Responsabile.

Avv. Romina Zanvettor

Rinnovabili: l’applicazione della “Manovrina 2017” per gli impianti fotovoltaici con moduli non certificati

Rinnovabili: con la Legge di bilancio 2018 introdotta la proporzionalità delle sanzioni GSE

Dopo anni di incertezza e di processi pendenti, finalmente la Legge di bilancio 2018 (legge 205 del 27 dicembre 2017) ha introdotto un correttivo a un’anomalia persistente nel settore delle rinnovabili.

Infatti, l’art. 42 del D.Lgs. 28/2011, che prevedeva per ogni difformità documentale, anche minima, la conseguenza della revoca degli incentivi è stato modificato e ricondotto al principio di “proporzionalità della sanzione”.

Specificatamente, il comma 960 dell’articolo 1 della nuova legge dispone oggi che all’articolo 42 del decreto legislativo 28/2011, venga così integrato: “in deroga al periodo precedente, al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili degli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi, il Gse dispone la decurtazione dell’incentivo in misura ricompresa fra il 20 e l’80 per cento in ragione dell’entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte di un terzo”.

Il GSE è al lavoro per definire come sarà applicata la nuova norma e per individuare le tipologie di violazioni soggette a decurtazione dell’incentivo e stabilire la misura dei tagli (fra il 20 e l’80%) in ragione dell’entità dell’infrazione che per le infrazioni minori dispone tagli dell’incentivo anziché la revoca.

Nel frattempo, il Consiglio di Stato ha intimato l’alt ad alcuni procedimenti in corso.

Palazzo Spada nei giorni scorsi ha emesso ordinanze di sospensiva ai provvedimenti decadenziali del GSE, proprio ai sensi della nuova formulazione dell’art. 42 comma 3 del decreto 28/2011, come modificato dalla recente Legge di bilancio 2018.

Come confermano le nuove pronunce del Consiglio di Stato, le intervenute modifiche normative dovrebbero avere, dunque, effetti, oltre che per quegli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi, anche per quei casi in cui il provvedimento di decadenza emesso dal GSE è ancora sub judice, essendo il contenzioso pendente davanti al giudice amministrativo o la sentenza non ancora passata in giudicato.

Avv. Romina Zanvettor

Rinnovabili: con la Legge di bilancio 2018 introdotta la proporzionalità delle sanzioni GSE

Veneto Banca: i soci potranno chiedere i danni a Intesa San Paolo

Nel corso dell’udienza preliminare del procedimento penale contro gli ex vertici di Veneto Banca, il G.U.P. Dott. Ferri, con una decisione clamorosa, ha ammesso la chiamata in causa di Banca Intesa San Paolo.

Il Giudice, sulla scorta di un’interpretazione costituzionalmente orientata, ha motivato la propria decisione argomentando che l’attuata cessione in favore di Banca Intesa San Paolo è operazione sicuramente inquadrabile come “cessione di azienda”, disciplinata dall’art. 2560, comma 2, c.c., dal momento che il trasferimento è stato finalizzato alla continuazione dell’attività di impresa.

Nell’ipotesi contemplata da detta norma, il cessionario diviene responsabile nei confronti di terzi e per tutti i debiti pregressi, se essi risultano dai libri contabili.

Nell’ordinanza, si legge, ancora che a nulla può rilevare che l’art. 3, comma 1, D.L. 99/2017 nella lett. b) abbia stralciato dalla prevista cessione taluni debiti, che la cedente Banca Popolare di Vicenza ha nei confronti dei propri azionisti o di propri obbligazionisti, in quanto detta norma non prevede alcuna espressa deroga all’art. 2560, secondo comma  c.c., sicché si può agevolmente sostenere che la disposizione codicistica continui a regolare i rapporti tra cessionario e i soggetti terzi, sommandosi ex lege alla responsabilità del cedente quella solidale del cessionario.

Conseguentemente, ora le domande risarcitorie degli ex azioni ed ex obbligazioni di Veneto Banca possono essere rivolte anche nei confronti della cessionaria Banca intesa San Paolo.

Le costituzioni di parte civile si potranno depositare fino all’apertura del dibattimento.

Avv. Romina Zanvettor

Veneto Banca: i soci potranno chiedere i danni a Intesa San Paolo

Arbitro per le controversie finanziarie: prime decisioni del 2018

In questi giorni, l’A.C.F. ha pubblicato le prime decisioni del nuovo anno, relative alle note questioni che hanno coinvolto gli intermediari finanziari, quali le ex Banche Venete, ora in L.C.A..

Uno dei casi affrontati è quello di un cliente degli Avvocati Romina Zanvettor e Maria Bruschi, gravemente malato e in condizioni economiche precarie, dovute anche all’aggravarsi del suo stato di salute (ha da poco subito un importante trapianto). La controversia riguardava in primis, l’inadempimento di Veneto Banca agli obblighi di corretta esecuzione di un servizio di investimento, sotto il profilo sia della mancata informazione sulle caratteristiche degli strumenti finanziari oggetto delle operazioni compiute dal Cliente, sia della mancata esecuzione dell’ordine di vendita dei medesimi, successivamente impartito.

Nello specifico, l’ACF ha statuito il principio secondo il quale, l’intermediario ha reso possibile il fenomeno dello scavalcamento con il suo comportamento, causando un danno risarcibile al Cliente. Si legge nella Decisione: “se l’ordine di vendita impartito fosse stato correttamente gestito e tempestivamente eseguito dall’intermediario, il ricorrente avrebbe potuto godere, evidentemente, di maggiori chance di poter trovare terzi acquirenti per le azioni poste in vendita”.

Ancora, la Banca non è riuscita a superare l’onere della prova richiesta dall’Arbitro, quanto a diligenza e correttezza nel suo operato, e si è vista respingere tutte le eccezioni proposte.

Per le ragioni ora evidenziate, in accoglimento del ricorso, il Collegio ha dichiarato l’intermediario tenuto a corrispondere al ricorrente la somma complessiva pari al 60% della cifra richiesta, più rivalutazione monetaria, e la condanna, seppur simbolica alla somma di Euro 400,00 per spese di lite, fissando il termine per l’esecuzione in trenta giorni.

Gli Avvocati predisporranno tutte le azioni necessarie affinché l’Intermediario ottemperi a tale condanna.

Avv. Romina Zanvettor

Arbitro per le controversie finanziarie: prime decisioni del 2018