Acquisto di un bene e valenza della clausola “merce vista e piaciuta”

Acquisto di un bene e valenza della clausola “merce vista e piaciuta”

Molto spesso nei contratti di compravendita, in particolare negli acquisti di cose usate, le parti inseriscono la clausola “visto e piaciuto”, una pattuizione che implica l’accettazione senza riserva del bene da parte del compratore che fa venir meno l’operatività della garanzia per i vizi.

Ma qual è l’efficacia di essa in caso di vizi occulti?

In poche parole, cosa accade se l’acquirente, una volta acquistata la cosa con contratto di compravendita ove è inserita la suddetta clausola, scopre che l’oggetto presenta di problemi non conosciuti o conoscibili prima?

Andiamo per ordine, anzitutto analizzando il contratto de quo.

Nel contratto di compravendita, definito dall’art. 1470 c.c. come “il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”, il venditore, ai sensi dell’art. 1490, comma 1, c.c. è tenuto, tra le altre, “a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. Il secondo comma del medesimo articolo precisa poi che “il patto con cui si esclude o limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in malafede taciuto al compratore i vizi della cosa”.

Quando sussistono dei vizi o difetti sul bene oggetto di compravendita, il compratore, ai sensi dell’art. 1492 c.c. può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (azione redibitora) o la riduzione del prezzo (azione estimatoria), salvo in ogni caso il risarcimento del danno.

Se l’acquirente intende avvalersi della garanzia dei vizi, ha l’onere, ex art. 1495 c.c., di denunciarne l’esistenza al venditore entro otto giorni dalla scoperta, se si tratta di vizi occulti, ovvero dalla conclusione del contratto, se invece i vizi sono apparenti, a pena di decadenza.

A tal proposito, si sottolinea che la denuncia, per giurisprudenza costante, è un atto recettizio non soggetto a particolari prescrizioni di forma o di contenuto; è, pertanto, sufficiente, al fine di impedire la decadenza di cui al citato art. 1495 c.c., anche una contestazione generica o sommaria che valga a informare il venditore.

Inquadrato l’istituto della compravendita, a questo punto occorre indagare se il venditore risponda per i vizi, ai sensi dell’art. 1490 c.c., allorquando questi siano di difficile individuazione (occulti), oppure possa far valere la clausola “vista e piaciuta” inserita nel contratto, che sembrerebbe prima facie sollevarlo da qualsiasi responsabilità.

Già in passato la Suprema Corte aveva avuto modo di precisare che “la garanzia per i vizi della cosa oggetto della compravendita è esclusa dalla clausola “vista e piaciuta” la quale ha lo scopo di accertare consensualmente che il compratore ha preso visione della cosa venduta -, qualora si tratti di vizi riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in malafede” (Cass. civ., sez. II, 03.07.1979, n. 3741).

Da tale principio può desumersi, ragionando a contrario, come la clausola non possa riferirsi ai vizi occulti, che si manifestano, cioè, dopo i normali controlli eseguiti in occasione dell’acquisto e, in particolare, dopo l’uso ordinario, anche se più intenso, del bene compravenduto. In caso contrario, del resto, si determinerebbe uno squilibrio contrattuale ingiustificato.

Pertanto, in ossequio anche al canone generale della buona fede e correttezza contrattuale, è pacifico che la clausola in questione non esoneri il venditore dalla garanzia per i vizi occulti, potendo operare soltanto nel caso di difetti riconoscibili ictu oculi o, quantomeno, ravvisabili a seguito di una diligente disamina del bene.

Questa conclusione è stata condivisa dai Giudici di legittimità, anche nel caso – sempre più frequente – di acquisto di bene usato: la Corte di Cassazione, infatti, con sentenza n. 21204 del 19 ottobre 2016, ha affermato che “la garanzia prevista dall’art.  1490 c.c. deve ritenersi operante anche per i casi di vendita di cose mobili usate, dovendo rimanere il vizio della cosa, ed, in particolare, il vizio occulto preesistente alla conclusione del contratto, ben distinto dal semplice logorio del bene, dovuto al normale uso.  E anche nei casi di beni usati i contraenti, nel! ‘ambito della loro autonomia contrattuale possono derogare alla disciplina legale della garanzia” …. “la clausola “vista e piaciuta” non può riferirsi ai vizi occulti, quelli che si manifestano cioè, dopo i normali controlli eseguiti ante acquisto, soltanto dopo l’uso del bene compravenduto. Né potrebbe essere diversamente, giacché l’espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente a primo esame. Pertanto “il visto e piaciuto” di per sé intende riferirsi allo stato apparente in cui si trova il bene compravenduto, cioè così come possa essere, ragionevolmente, percettibile e manifesto ed occorre in ogni caso considerare il senso letterale della clausola alla luce dei principi contrattuali dell’equità e del      corretto      sinallagma      del      contratto, nonché      della      buona       fede       contrattuale”. Alla luce di quanto esposto, quindi, qualora, in seguito all’acquisto concluso con la formula del “visto e piaciuto”, il compratore verifichi l’esistenza di vizi non riconoscibili al momento della conclusione del contratto, potrà far valere la garanzia, con denuncia del vizio al venditore entro otto giorni dalla sua scoperta.

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Alessandra Tagliapietra

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