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La società di revisione PWC si aggiunge ai responsabili delle perdite subite dai risparmiatori di Veneto Banca

Come già accennato nel nostro precedente articolo “Veneto Banca insolvente”, la Procura di Treviso ha ritenuto opportuno indagare sulla società di revisione dei bilanci di Veneto Banca, la PriceWaterhouseCoopers, che ha avuto un ruolo, se non esclusivo, certamente rilevante nella determinazione di sottoscrivere gli aumenti di capitale, ovvero di aderire alla proposta di conversione del prestito obbligazionario in azioni ordinarie di nuova emissione.

La perizia, recentemente redatta dal Consulente incaricato, ha confermato che il revisore, Dott.ssa Alessandra Mingozzi e quindi anche la società PWC sono responsabili dei reati di falso in revisione, avendo portato alla perdita degli investimenti azionari dei risparmiatori.

Risultano essere vittime di queste vicende tutti i soci azionisti e gli obbligazionisti subordinati che, inconsapevoli del livello di rischio e della reale situazione economica e patrimoniale della Banca, mantenevano in portafoglio il proprio investimento e acquistavano, affidandosi alle relazioni di revisione siglate dalla società PWC, obbligazioni subordinate del tipo LT2, negoziate presso la Borsa di Lussemburgo e sottoscritte per oltre il 40% da investitori istituzionali, emesse dalla Banca rispettivamente:

  • il 15 maggio 2015, per nominali € 40.000.000 al tasso 6,944% con scadenza a 10 anni;
  • il 15 maggio 2025 (“Veneto Banca – Subordinated Notes due 15 May 2015 under the € 4,000,000,000 Euro Medium Term Note Programme”);
  • il 1° dicembre 2015, per nominali € 200.000.000 al tasso del 9,5%, con scadenza a 10 anni;
  • il 1° dicembre 2025 ((“Veneto Banca – Subordinated Notes due 15 May 2015 under the € 5,000,000,000 Euro Medium Term Note Programme”).

I risparmiatori avrebbero così subito un danno patrimoniale pari alla totale perdita di valore delle azioni e/o delle obbligazioni subordinate, interessi inclusi, per effetto di accertamento dello stato di dissesto o a rischio di dissesto della Banca dichiarato dalla BCE con provvedimento del 23 giugno 2017, cui faceva seguito la sottoposizione di Veneto Banca a procedura di liquidazione coatta amministrativa disposta con Decreto Legge emesso il 25 giugno 2017 dal Consiglio dei Ministri.

In conclusione, potranno procedere giudizialmente contro PWC coloro che hanno interrotto i termini di prescrizione nei confronti della medesima società di revisione, richiedendo il risarcimento integrale del danno subito.

Vi terremo aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

La società di revisione PWC si aggiunge ai responsabili delle perdite subite dai risparmiatori di Veneto Banca

Decreto Semplificazioni e poteri del GSE: nuovo limite ai controlli e sanzioni

Il Decreto Legge n. 76 del 16 luglio scorso (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito in L. 11.09.2020 n. 120, in vigore dal 15 settembre 2020, ha introdotto una novità alla disciplina delle sanzioni di cui all’art. 42 D.LGS. 28/2011 per gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, modificando portata e presupposti per l’esercizio dei poteri riconosciuti al GSE nell’ambito dei procedimenti di verifica e controllo su impianti incentivati.

Il comma 3 dell’art. 42 del D.Lgs. 3 marzo 2011 è stato, quindi, modificato con l’introduzione dell’inciso secondo il quale, prima di poter disporre la decadenza, il GSE dovrà verificare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela previsti dal richiamato art. 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Il testo attuale del comma 3 art. 42 è diventato il seguente:

3. Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE in presenza dei presupposti di cui all’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate, e trasmette all’Autorità’ l’esito degli accertamenti effettuati per l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481. In deroga al periodo precedente, al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili degli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi, il GSE dispone la decurtazione dell’incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento in ragione dell’entità’ della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà.”

Il sopra richiamato articolo 21-nonies, Legge 7 agosto 1990, n. 241, così prevede:

“1. Il provvedimento amministrativo illegittimo (…)può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi.

  1. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445”.

Da ciò, ne deriva che il GSE, prima di poter dichiarare la decadenza e richiedere la restituzione delle somme erogate, dovrà accertare la violazione della normativa prevista per l’accesso e il mantenimento degli incentivi, ma anche verificare la ricorrenza dei seguenti elementi, disposti dal sopracitato art. 21-nonies:

  1. il decorso di un termine non superiore a diciotto mesi dal momento in cui i produttori sono stati ammessi agli incentivi;
  2. la sussistenza di un interesse prevalente rispetto alla lesione del diritto del produttore di cui deve essere fornita motivazione.

Attenzione però a non cadere nell’errore di sostenere in maniera generalizzata che il GSE non possa più adottare provvedimenti decadenziali decorsi i 18 mesi dal consolidamento del provvedimento di ammissione agli incentivi.

Se, infatti, si sposta l’attenzione dall’innovazione formale alla portata sostanziale della novità normativa, appare chiaro come il limite temporale per l’esercizio del potere di autotutela andrà in ogni caso verificato sulla base del singolo caso concreto.

La prima limitazione formale deriva dalle deroghe dello stesso articolo art. 21 nonies, comma 2 bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, come sopra riportato, il quale prevede che sia annullabile il provvedimento amministrativo conseguito sulla base:

  1. di false rappresentazioni dei fatti”, che sussistono laddove il provvedimento sia stato rilasciato sulla base di presupposti errati e tale errore risulti non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, ed imputabile, per contro, al privato, quanto meno per colpa grave.
  2. di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato.

Escludendo, quindi, le fattispecie chiaramente dolose costituenti reato, se la novità normativa viene letta alla luce dei numerosi casi di provvedimenti di decadenza impugnati innanzi al Tar Lazio ci si rende facilmente conto di come, nella maggioranza dei casi, si tratti proprio di fattispecie in cui il beneficiario degli incentivi ha – per colpa – fornito al GSE una falsa rappresentazione di fatti rilevanti.

Allora, il termine dei 18 mesi, va indagato rispetto alla fattispecie concreta, al grado di colpa del dichiarante nella dichiarazione dei fatti e – eventualmente – al grado di colpa concorrente del GSE nella valutazione degli stessi.

Si consideri, a esempio, il  caso in cui possa esserci una contestazione del c.d. “artato frazionamento” i proprietari di impianti potrebbero beneficiare della nuova norma ove, pur sussistendo i presupposti dell’art. 5 comma 2 del DM 23/6/2016 (impianti delle stessa fonte nella disponibilità del medesimo produttore e localizzati nella medesima particella o su particelle catastali contigue) il provvedimento di concessione degli incentivi sia stato rilasciato sulla base di dichiarazioni del produttore non viziate da colpa grave e, contestualmente, verificabili dal GSE (colpa concorrente).

Appare ragionevole sostenere, perciò, anche che se un produttore ha correttamente trasmesso (in buona fede e senza colpa grave), ai fini dell’accesso agli incentivi fotovoltaici la marca, il modello, il numero dei moduli e la loro relativa certificazione e successivamente, a seguito di verifica che avvenga oltre 18 mesi dal rilascio del provvedimento di concessione degli incentivi, il GSE riscontri che la certificazione ricevuta non sia idonea o comunque non riferibile a tali moduli (colpa concorrente), il produttore potrebbe – di nuovo – avvalersi della nuova norma.

Novità anche in ambito TEE.

Grazie, infatti, a un emendamento approvato al Senato viene esteso anche agli interventi di efficienza energetica e rinnovabili termiche, quanto previsto dal Decreto Semplificazioni (art. 56) per gli impianti fotovoltaici.

L’art. 42 del D.lgs. n. 28/2011, nella sua formulazione antecedente all’entrata in vigore del DL Semplificazioni, prevedeva che, in caso di annullamento del provvedimento di riconoscimento di Certificati Bianchi, erano fatte salve le rendicontazioni già approvate relative ai progetti, sempre che le difformità riscontrate dal GSE a fondamento del provvedimento di annullamento non derivassero da discordanze tra quanto trasmesso dal proponente e la situazione reale dell’intervento, ovvero da documenti non veritieri, come dichiarazioni false o mendaci rese dal proponente.

Il Decreto Semplificazioni, invece, ha:

  • esteso il principio finalizzato a fare salve le rendicontazioni già approvate, in caso di annullamento del provvedimento di ammissione ai TEE a tutte le tipologie di progetti (standard, analitici o a consuntivo);
  • eliminato l’ipotesi di “discordanza tra quanto trasmesso dal proponente e la situazione reale dell’intervento”, tra le eccezioni che giustificano la deroga al succitato principio, residuando soltanto i casi di “documenti non veritieri e dichiarazioni false o mendaci rese dal proponente”;
  • previsto anche in tale ambito che l’intervento del GSE debba avvenire nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990, che fra l’altro limita il potere di intervento “sanzionatorio” da parte dell’Amministrazione entro il termine di 18 mesi, alle condizioni sopra riferite (e sempre che le difformità riscontrate non derivino da “documenti non veritieri e dichiarazioni false o mendaci rese dal proponente”).

In conclusione, con queste novità riguardanti i controlli del GSE, sembrerebbe che il Legislatore abbia voluto recepire l’esigenza del mercato di vedere riconosciuta maggiore certezza negli investimenti, avendo soprattutto riguardo ai rapporti giuridici consolidati.

È in questa direzione che si pone, pertanto, la previsione che assoggetta i poteri di intervento del GSE al rispetto dei principi in materia di autotutela, così ponendo un limite temporale (quanto meno in astratto) agli interventi caducatori.

Vi terrò aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

Decreto Semplificazioni e poteri del GSE: nuovo limite ai controlli e sanzioni

Approvati gli incentivi per gli impianti fotovoltaici su cave e discariche con destinazione agricola

È stata accolta la richiesta avanzata da varie associazioni del fotovoltaico, di poter estendere gli incentivi statali a tutti gli impianti fotovoltaici costruiti su discariche chiuse e ripristinate e cave esaurite, con destinazione ad area agricola.

In tal modo è stato risolto un problema spesso denunciato e che ha frenato la partecipazione del fotovoltaico ad aste e registri del FER 1, ovvero, l’approvazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 gennaio 2012 n.1 (convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27), che vietava agli impianti con moduli collocati a terra in aree agricole di godere degli incentivi statali; per tale ragione, sino a oggi, le cave e le discariche abbandonate, classificate come terreni agricoli, erano precluse dai bandi del FER 1.

Questa novità è contenuta nel Decreto Semplificazioni (clicca qui), più precisamente negli emendamenti approvati (56.21 testo 2, Arrigoni – Lega, 56,60 di De Petris – Leu e l’identico 56.61 di Girotto (M5S) dalle commissioni I e VII del Senato, in cui è stato stabilito che l’esclusione degli impianti su terreni agricoli dagli incentivi “non si applica (…) agli impianti solari fotovoltaici da realizzare su discariche e lotti di discarica chiusi e ripristinati, cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento per le quali l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione abbia attestato l’avvenuto completamento delle attività di recupero e ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti, autorizzati ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e in ogni caso l’accesso agli incentivi per tali impianti non necessita di ulteriori attestazioni e dichiarazioni.

Il medesimo Decreto ha apportato un’ulteriore novità in ambito di energia rinnovabile, in quanto l’articolo 56 è intervenuto in merito alle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per gli interventi di ammodernamento su impianti esistenti, disponendo che la VIA abbia a oggetto la variazione di impatto indotta dal progetto rispetto alla situazione ante-in­tervento.

Vi terrò aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

Approvati gli incentivi per gli impianti fotovoltaici su cave e discariche con destinazione agricola

Ecobonus del Decreto Rilancio

E’ stato ultimato l’art. 119 della versione definitiva del Decreto Rilancio (nonostante l’ultima approvazione da parte del Senato, senza modifiche, sarà entro il 18 luglio 2020), in cui sono stati definiti gli interventi, le condizioni di accesso, i beneficiari e le condizioni per la cessione del credito e per lo sconto in fattura relativi alle detrazioni fiscali potenziate al 110% (c.d. Superbonus), relative agli interventi di riqualificazione energetica (Ecobonus) e miglioramento sismico (Sismabonus), oltre che per l’istallazione di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo.

La parte relativa all’efficienza energetica e all’Ecobonus è contenuta nel comma 1 dell’art. 119, che incrementa al 110% l’aliquota di detrazione dall’Irpef o dall’Ires spettante a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica; tuttavia gli impianti fotovoltaici, sistemi di accumulo per il fotovoltaico e i punti di ricarica per i veicoli elettrici potranno godere della detrazione del 110% se costruiti su edificio con una potenza inferiore a 20 kW e solo nel caso in cui siano abbinati a uno o più dei lavori principali di riqualificazione energetica (cappotto termico o caldaie a condensazione e a pompa di calore) o congiunti ad interventi di miglioramento sismico.

Gli interventi di efficienza energetica incentivati devono poi rispettare dei requisiti minimi, previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63; inoltre, devono garantire il miglioramento di almeno due classi energetiche, o comunque portare l’abitazione alla classe energetica più alta raggiungibile, dimostrandolo con un attestato di prestazione energetica (APE) prima e dopo l’intervento rilasciato da tecnico abilitato, nella forma della dichiarazione asseverata.

Per quanto concerne i limiti di spesa, sono stati stabiliti i seguenti:

  • impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici, fino ad un massimo di spesa di 48.000 euro e comunque fino a 2.400 euro per ogni kW di potenza nominale;
  • i sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici, alle stesse condizioni degli impianti solari fotovoltaici e comunque fino a 1.000 euro di spesa per ogni kWh di capacità di accumulo;
  • interventi di trasformazione degli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, interventi di nuova costruzione, e interventi di ristrutturazione urbanistica (articolo 3, comma 1, lettere d), e) ed f), del DPR 6 giugno 2001, n. 380) il predetto limite di spesa è ridotto ad euro 1.600 per ogni kW di potenza nominale.

La detrazione per gli impianti fotovoltaici non è cumulabile con altri incentivi pubblici o altri forme di agevolazione di qualsiasi natura previste dalla normativa europea, nazionale e regionale; a eccezione per le comunità energetiche e i condomìni in autoconsumo collettivo, per i quali il Ministero dello Sviluppo Economico stabilirà diverse misure.

Oltretutto, lo sgravio del 110% è subordinato alla cessione in favore del Gse dell’energia non auto-consumata in sito oppure non condivisa per l’autoconsumo, pertanto è consigliabile dimensionare l’impianto in modo da auto-consumare il più possibile oppure prevedere dei sistemi di accumulo.

Inoltre, la Camera ha introdotto una norma in cui è stabilito che l’esercizio di impianti fino a 200 kW da parte di comunità energetiche rinnovabili o condomìni, che aderiscono alle configurazioni di autoconsumo (articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162), non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale.

Ne consegue, perciò, che il condominio che vuole installare un impianto FV, oltre i 20 kW e fino a 200, non dovrà più aprire una Partita Iva e, soprattutto, questi impianti potranno ottenere il 110% di detrazione per le spese d’installazione relativamente ai primi 20 kW – (che è il limite di fatto imposto dal decreto a tutti gli altri impianti FV) e la quota restante di spesa per la potenza da 20 fino a 200 kW potrà accedere alla detrazione ordinaria del 50%, con un tetto massimo di spesa di 96.000 euro.

L’Ecobonus è valido per gli interventi realizzati dal 01 luglio 2020 al 31 dicembre 2021 ed è applicabile alle persone fisiche ma non ai soggetti titolari di reddito d’impresa; a condomini, cooperative di abitazione, enti del terzo settore, associazioni e società sportive dilettantistiche.

ll Superbonus potrà partire dopo l’arrivo di due provvedimenti fondamentali (in teoria entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, quindi per metà agosto): la circolare dell’Agenzia delle entrate e il decreto attuativo del ministero dello Sviluppo economico.

Il primo dovrà definire alcuni meccanismi per lo sconto in fattura/cessione del credito, mentre il secondo dovrà aggiornare i requisiti tecnico-economici per consentire l’accesso agli incentivi.

Vi terrò aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

Ecobonus del Decreto Rilancio

FIR: si semplificano i controlli e i rimborsi

Sono ben oltre 145.000 le domande inviate al Fondo Indennizzo Risparmiatori, i cui termini per la presentazione della richiesta di indennizzo sono scaduti il 18 giugno 2020.

Oggi il portale FIR è attivo esclusivamente per coloro che riceveranno una mail di richiesta di integrazione istruttoria, che dovrà essere evasa con la trasmissione dei dati o dei documenti necessari, tramite via telematica.

Tuttavia, molti risparmiatori non sono riusciti a presentare la propria domanda entro il termine stabilito per svariate ragioni: il mal funzionamento del portale nei mesi di ottobre e novembre 2019, il ritardo da parte delle banche a fornire i documenti richiesti e l’emergenza COVID-19, la quale inoltre ha imposto la chiusura di molte attività, con inevitabile congestione delle pratiche.

Per questi motivi, è stato richiesto di poter aprire una finestra temporale a favore di coloro che non sono riusciti a caricare la propria domanda tempestivamente, senza però rallentare la macchina dei rimborsi. Nel frattempo, sono già in corso le verifiche per il pagamento degli indennizzi, che stanno procedendo a ritmo serrato. E’, altresì, stata ribadita la necessità di semplificare i controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate per poter giungere ai pagamenti in tempi rapidi e soprattutto entro l’anno, anche grazie all’emendamento approvato in data 02 luglio 2020, che punta alla semplificazione dei controlli delle pratiche pervenute.

Vi terrò aggiornati

Avv. Romina Zanvettor

FIR: si semplificano i controlli e i rimborsi

GSE proroga il termine per la presentazione delle istanze di revisione delle tariffe incentivanti

E’ stata pubblicata nel sito del GSE la comunicazione secondo cui il termine per la presentazione dell’istanza integrativa per il riconoscimento o aggiornamento della percentuale di decurtazione della tariffa incentivante in Conto Energia, per gli impianti fotovoltaici con moduli non correttamente certificati, è stato prorogato al 31 agosto 2020, anziché al 30 giugno 2020.

Secondo l’art. 13-bis del Decreto Legge n. 101/2019, coordinato con la Legge di conversione n. 128/2019, recante modifiche all’art. 42 del D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, in merito alla salvaguardia della produzione di energia da impianti fotovoltaici con moduli non certificati o con certificazioni non conforme, la proroga vale sia per gli impianti con potenza compresa tra 1 e 3 kW sia per quelli che superano i 3 kW.

Il GSE ha poi riferito che, in vista del numero di istanze attese e del carattere vincolante delle stesse per gli operatori che hanno già goduto della decurtazione del 30%, secondo quanto previsto dalle previgenti disposizioni normative, i soggetti responsabili dovranno inviare entro il 31 agosto 2020 (anziché entro il 30 giugno) una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, utilizzando la modulistica predisposta dal GSE, ai fini del riconoscimento dell’aggiornamento della percentuale di decurtazione della tariffa incentivante.

Vi terrò aggiornati

Avv. Romina Zanvettor

GSE proroga il termine per la presentazione delle istanze di revisione delle tariffe incentivanti

Istanze di aggiornamento della tariffa incentivante per impianti fotovoltaici con moduli non certificati o con certificazioni non conformi: scadenza al 30 giugno 2020

Le nuove tariffe decurtate

Si ritorna nuovamente sulla tematica della decurtazione delle tariffe incentivanti per impianti fotovoltaici con moduli non certificati o con certificazioni non conformi.

Come già ricordato nelle nostre precedenti news, la norma di riferimento in materia è l’art. 42 del D.LGS 28/2011, come modificato dall’art. 57-quater del D.L. 24 aprile 2017 n. 50 convertito in L. 21.06.2017 n. 96 e più recentemente dall’art. 13- bis del D.L. 101/2019 in L. 02.11.2018 n. 128.

Sulla scorta dei predetti interventi normativi, il Legislatore, attuando ulteriormente il fine di salvaguardare le tariffe già riconosciute ai Soggetti Responsabili, ha ancora una volta ridotto la misura della decurtazione degli incentivi per tutti gli impianti fotovoltaici (indipendentemente dalla potenza installata) che al momento dell’accertamento di violazioni da parte del GSE, sono risultati realizzati con moduli non certificati o con certificazioni non conformi, fissando la riduzione al 10% della tariffa base incentivante. Tale decurtazione si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 20% o del 30%, come prevista dalle disposizioni previgenti.

Qualora il Soggetto Responsabile di un impianto fotovoltaico di potenza superiore ai 3 kW, riconosca autonomamente la violazione in questione e intenda denunciare il fatto, prima dell’accertamento del GSE, la riduzione oggi sarà addirittura contenuta al solo 5% della tariffa base incentivante.

Nuova scadenza

Il GSE ha fissato il termine del 30 giugno 2020 per consentire a ciascun interessato che abbia GIA’ presentato IN PASSATO istanza di decurtazione (sia a seguito di accertamento del GSE, che al di fuori di un procedimento di verifica o controllo) di richiedere l’applicazione delle nuove minori percentuali di taglio della tariffa, pena la sospensione dell’erogazione degli incentivi.

Presentazione delle istanze

La richiesta di aggiornamento della tariffa deve essere presentata dal Soggetto Responsabile al GSE.

Sono stati predisposti moduli differenti, in ragione della potenza installata e della circostanza che la violazione sia stata accertata dal GSE oppure sia stata autodenunciata dal Soggetto Responsabile.

  • Impianti oggetto di verificata violazione e di decadenza dal diritto di accesso alle tariffe incentivanti per cui è già stata presentata prima istanza di decurtazione:
  • di potenza compresa tra 1 e 3 kW per cui è in corso di erogazione o è stata richiesta la tariffa decurtata del 30%: il Soggetto Responsabile deve inviare al GSE entro il 30 giugno 2020, istanza di aggiornamento della tariffa, con applicazione della nuova decurtazione del 10%, tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, secondo il format Modulo 4 (clicca qui)
  • di potenza superiore ai 3 kW per cui è in corso di erogazione o è stata richiesta la tariffa decurtata del 20%: il Soggetto Responsabile deve inviare al GSE entro il 30 giugno 2020, istanza di aggiornamento della tariffa, con applicazione della nuova decurtazione del 10%, tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, secondo il format Modulo 2 (clicca qui).
  • Autodenuncia per impianti non sottoposti a verifica o controlli:
  • il Soggetto Responsabile beneficiario degli incentivi in Conto Energia, che abbia autodenunciato al GSE l’installazione di moduli non certificati o con certificazioni non conformi sul proprio impianto, al di fuori di un procedimento di verifica, e abbia richiesto/ottenuto la decurtazione del 10% della incentivante tariffa base, deve presentare istanza di aggiornamento della tariffa, con applicazione della nuova decurtazione del 5%, tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, secondo il format Modulo 2 BIS (clicca qui).

Il GSE ha precisato che, per gli impianti fotovoltaici ricompresi nelle fattispecie contemplate dall’art. 42 commi 3-quater (impianti da 1 a 3 kW con moduli non certificati e con certificazioni non conformi ), 4-bis (impianti superiori ai 3 kW con moduli non certificati o con certificazioni non conformi) e 4-ter (impianti superiori ai 3 kW con autodenuncia), non possono essere applicate le maggiorazioni previste, e già riconosciute, per i pannelli realizzati all’interno dell’Unione Europea, dall’articolo 14, comma 1, lettera d), del DM 5 maggio 2011 (Quarto Conto Energia) e dall’articolo 5, comma 2, lettera a), del DM 5 luglio 2012 (Quinto Conto Energia).

In tutti i casi, la decurtazione non si applica qualora la condotta dell’Operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE sia oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva.

Lo Studio Vi terrà aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

Acc. Francesca Todeschini

Istanze di aggiornamento della tariffa incentivante per impianti fotovoltaici con moduli non certificati o con certificazioni non conformi: scadenza al 30 giugno 2020

VENETO BANCA: rinvio dell’udienza a Treviso

Dopo due anni da quando il Gup di Roma si era dichiarato territorialmente incompetente per il processo contro gli ex vertici di Veneto Banca, trasmettendo gli atti alla Procura di Treviso, era stata fissata la prima udienza presso il Tribunale di Treviso il 16 maggio 2020.

Oltre duemila persone avrebbero potuto costituirsi come parte civile nel procedimento a carico dell’ex amministratore di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, l’unico rinviato a giudizio degli originari indagati, per i reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza bancaria e falso in prospetto.

Di ieri la notizia che, a causa dell’emergenza sanitaria, l’udienza è stata rinviata al prossimo 24 ottobre.

Il Presidente del Tribunale di Treviso, Dott. Antonello Fabbro, ha dichiarato, infatti l’impossibilità di garantire la distanza di sicurezza e di evitare assembramenti; lo stesso, ha inoltre sottolineato che i termini della prescrizione saranno sospesi fino alla fine dell’emergenza.

Vi terrò nel proseguo aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

VENETO BANCA: rinvio dell’udienza a Treviso

Rimborso delle addizionali provinciali alle accise sull’energia: esiti delle recenti sentenze della Corte di Cassazione e posizione del MEF

L’applicazione dell’addizionale provinciale ai consumi di qualsiasi uso di energia elettrica, effettuati in locali e luoghi diverse dalle abitazioni, è stata introdotta dal D.L. n. 511/1988, convertito con modificazioni dalla L. 27.01.1989 n. 20 (clicca qui).

L’addizionale dell’accisa è stata applicata sul prelievo di energia elettrica fino alla sua abrogazione, a far data dal 01.01.2012, a seguito del rischio di apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia da parte dell’Unione Europea, per incompatibilità della suddetta normativa con il diritto comunitario.

  • Possibilità di chiedere il rimborso.

Uno degli aspetti più rilevanti dell’argomento in discorso è quello di stabilire a chi spetta il diritto a richiedere il rimborso ed entro quale termine.

I soggetti coinvolti nella vicenda sono:

  • il soggetto responsabile qualificabile come venditore o fornitore di energia, oppure titolare di pacchetto fiscale per uso proprio (impianti con potenza superiore a 200 kWh);
  • il cliente finale (qualificabile come il titolare di utenze elettriche non domestiche – impianti fino a 200.000);
  • Amministrazione finanziaria (nella specie Autorità doganale), quale ente impositore.

Con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 26.03.2019 n. 27101, depositata il 23.10.2019, i Giudici di legittimità hanno rilevato l’effettiva incompatibilità della norma italiana, istitutiva dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, rispetto alla normativa dell’Unione Europea e statuito la sua disapplicazione.

Questo il principio di diritto dettato dalla nuova giurisprudenza: “L’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica di cui all’art. 6 D.L. n. 511/1988, come modificata dall’art. 5, comma 1, D.Lgs 26/2007, va disapplicata per contrasto con l’art. 1, comma 2, Direttiva n. 2008/118/CE, per come interpretati dalla Corte di Giustizia della UE”.

Inoltre, con altra sentenza del 23.10.2019 n. 27099, la Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato che “Il consumatore finale di una fornitura di energia elettrica sulla quale siano state addebitate le imposte addizionali, può esperire, in sede civilistica, l’ordinaria azione di ripetizione dell’indebito direttamente nei confronti dell’erogatore del servizio”.

Le ultime forniture di energia elettrica sottoposte all’imposizione fiscale per le quali si può chiedere il rimborso sono, dunque, quelle risalenti agli anni 2010/2011.

Il verdetto della Corte di Cassazione ha riacceso gli entusiasmi per la partita iniziata all’indomani dell’abrogazione della norma, soppressa – come sopra detto – con decorrenza 2012, e ha dato il via alle immediate richieste di rimborso per i titolari di utenze con non poche questioni controverse.

Una delle due citate sentenze, la n. 27099/2019, riguarda proprio il caso di un utente finale che ha visto riconosciuto effettivamente il proprio diritto a essere rimborsato da parte del venditore di energia e non dell’Ente impositore.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti:

  • l’imposizione fiscale dell’accisa provinciale è illegittima;
  • ai soggetti obbligati al versamento dell’imposta spetta il diritto al rimborso contro la P.A. che ha riscosso il tributo;
  • ai consumatori finali spetta il diritto di rimborso contro il fornitore di energia elettrica che a suo tempo lo ha fatturato, a titolo di rivalsa prevista per legge, al consumatore finale.
  • Il modo e i tempi con i quali vanno esercitati tali i diritti da parte dei soggetti sopra indicati sono però differenti a seconda del diverso rapporto intercorrente tra loro.
  •  d. Rapporto di imposta tra Ente impositore e soggetto obbligato (fornitore o titolare cassetto fiscale)
  • d. Rapporto di rivalsa tra fornitore di energia e il consumatore finale

Pertanto:

in relazione al rapporto di imposta:

  • i soggetti obbligati al versamento avevano diritto a chiedere il rimborso all’Ente impositore entro due anni dall’abrogazione della norma in discorso (e quindi con decorrenza 2012)

in relazione al rapporto di rivalsa:

  • i consumatori finali hanno diritto ad agire per il rimborso contro il fornitore di energia elettrica entro 10 anni decorrenti dall’abrogazione della norma impositrice dell’accisa provinciale (entro l’anno 2020/2021).

Ulteriore corollario – pure evidenziato dalle sentenze citate – è il seguente:

  • nell’ipotesi in cui i fornitori di energia vengano citati in giudizio dal consumatore finale e condannati al rimborso, potranno, entro 90 giorni dal deposito della sentenza di condanna, agire a propria volta contro l’Ente impositore.

In buona sostanza, tra il venditore di energia tenuto verso il fisco per il pagamento dell’accisa intercorre un rapporto di tipo tributario, la cui normativa di riferimento prevede un termine breve di decadenza – di due anni – per avanzare la richiesta di rimborso per il tributo non dovuto o dichiarato non dovuto, come nel caso di specie.

Tra il fornitore di energia e il consumatore finale (aziende consorzi e altri titolari di utenze non domestiche) intercorre un rapporto di natura civilistica, per il quale, il diritto al rimborso si prescrive in dieci anni, decorrenti dall’abrogazione dell’imposta.

Ne consegue che ogni società consumatrice finale di energia elettrica, con consumi fino a 200.000 kWh mensili, cui siano state addebitate le imposte addizionali relative agli anni 2010/2011 può agire in sede civilistica verso la società fornitrice – con ordinaria azione di ripetizione di indebito – usufruendo di un termine più ampio di quello assegnato alla società venditrice per l’esercizio del proprio diritto di rimborso verso lo Stato.

Le società fornitrici, invece, avrebbero dovuto attivarsi subito, all’indomani dell’abrogazione della norma in discorso, entro cioè i successivi due anni dalla data del pagamento delle addizionali. Nel caso di loro condanna verso l’utente finale, avranno comunque termine di 90 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, per chiedere ed ottenere il rimborso non ottenuto prima.

  • Cosa succede se il fornitore di energia non può essere escusso positivamente?

La sentenza n. 27099/2019 sopra citata ha, inoltre, ricordato l’esistenza del principio di effettività (di recupero delle imposte indebitamente versate), quale generale principio di origine sovranazionale e la necessità di garantirne l’effettiva applicazione, spettando agli Stati membri la previsione di idonei strumenti per raggiungere tale scopo.

In altre parole, ha affermato la Corte Capitolina “soltanto se il rimborso risulti impossibile o eccessivamente difficile, il principio di effettività può imporre che l’acquirente del bene sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie (come nel caso del fallimento del venditore deciso dalla Corte di Giustizia CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15).

Il fruitore dei beni può dunque ottenere il rimborso dell’imposta illegittimamente versata (esperendo nei confronti del cedente un’azione di ripetizione di indebito di rilevanza civilistica ed) eccezionalmente un’azione diretta nei confronti dell’Erario, ove venga dedotta in relazione all’azione nei confronti del fornitore la violazione del principio di effettività”.

Spetterà all’istante –sempre secondo quanto statuito dalla Suprema Corte –  allegare e dimostrare i presupposti della propria legittimazione straordinaria:

  • che il proprio fornitore, soggetto passivo legittimato a richiedere il rimborso, abbia non abbia avuto la possibilità di chiedere il rimborso e che non abbia proposto la relativa domanda oppure che sia stato condannato definitivamente e sia rimasto inadempiente.

Risulta importante quindi affidarsi agli esperti del settore per valutare bene caso pe caso.

  • Quale diritto hanno gli altri soggetti obbligati -diversi dal venditore di energia- che hanno versato l’accisa provinciale direttamente all’Ente impositore?

 Come sopra accennato, tra gli obbligati al pagamento dell’accisa in questione figurano, oltre ai fornitori di energia, i titolari di deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo (art. 4 comma 4, lettera a Testo Unico sulle accise D.Lgs. 504 26.10.1995 e successive modifiche).

Si tratta di soggetti operatori economici i quali dispongono di strutture ove custodire i prodotti nazionali e di provenienza comunitaria, in sospensione da accisa, in attesa di procedere all’attribuzione della destinazione finale al consumo. Anche per tali soggetti, quindi, il rapporto con l’Ente impositore è un rapporto di imposta, come sopra detto per i fornitori di energia.

Il diritto al rimborso di accisa illegittimamente pagata e il termine per il suo esercizio è disciplinato dall’art. 14 del TUA (testo unico accise) il quale dispone “L’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata” e il rimborso “deve essere chiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data di pagamento”.

Per l’individuazione dei soggetti titolari di tale diritto, bisogna ricorrere al disposto dell’art. 19, primo comma, D.L. 30.09.1982 n. 688 – conv. in L.27.11.1982 n. 873 –  a mente del quale “chi ha indebitamente corrisposto diritti doganali (…omissis…) ha diritto al rimborso delle somme pagate quando prova documentalmente che l’onere non è stato in qualsiasi modo traferito su altri soggetti”.

Quindi, data per pacifica l’esistenza in capo a tali soggetti del diritto alla richiesta di rimborso, e la loro equiparazione ai soggetti obbligati nel rapporto di imposta con la pubblica amministrazione, ne consegue che, anche ad essi, si applica il termine biennale, con decorrenza dal momento dell’abrogazione della norma (decorrenza 2012).

Concludendo quindi, per questi soggetti – allo stato attuale – è inibita in quanto prescritta- la possibilità di richiedere il rimborso.

Viene quindi rilevato, da più parti come, in tale contesto, si sia creata una ingiusta differenziazione delle posizione degli auto produttori di energia elettrica, ovvero consorzi e/o consumatori grossisti, la cui azione (necessariamente diretta all’amministrazione finanziaria) è inibita dall’intervenuta decadenza (tali soggetti infatti – come detto – al pari del venditori di energia – devono chiedere il rimborso entro due anni) rispetto alle posizioni delle società consumatrici finali che possono invece beneficiare del più ampio termine prescrizionale (decennale) applicabile in sede civile per la ripetizione di indebito.

  • Qual è la posizione del MEF?

Per fare chiarezza sulla spinosa questione la Confindustria ha presentato un’istanza al Ministero dell’Economia e delle Finanze volta ad ottenere un intervento legislativo urgente che attribuisca alle società consumatrici di energia elettrica il diritto di agire nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

A tale istanza il MEF ha fornito riscontro negativo in quanto l’attuale procedura amministrativa di azione di rimborso non può essere modificata.

Il MEF ha ipotizzato una possibile alternativa dichiarandola però di difficile attuazione, che preveda un sistema di ‘rimborso spontaneo da parte della società fornitrice che, poi, avrebbe la possibilità di agire a propria volta contro l’Ente impositore.

A presto con nuovi sviluppi sul tema.

Avv. Romina Zanvettor

Avv. Francesca Todeschini

Rimborso delle addizionali provinciali alle accise sull’energia: esiti delle recenti sentenze della Corte di Cassazione e posizione del MEF

Misure fiscali per aiutare il fotovoltaico

Per fronteggiare l’emergenza sanitaria, anche le imprese del settore fotovoltaico sono state colpite dalle limitazioni alle attività produttive. Per quanto riguarda quali attività sono permesse e quali no, ha precisato che sono consentite tutte quelle attività di manutenzione che hanno carattere urgente o necessario, ad esempio ripristinare la funzionalità di un impianto che ha subito un guasto; al contrario sono sconsigliate le attività di manutenzione ordinaria e quelle per installare nuovi impianti. Tuttavia la situazione è incerta, dal momento che alcune regioni hanno autorizzato delle attività che erano state escluse dal Dpcm del 10 aprile 2020, come ad esempio l’edilizia libera nelle Marche e in Liguria.

Per quanto riguarda il tema fiscale, c’è il decreto “Cura Italia” che presenta una serie di misure per il settore fotovoltaico, in primo luogo sono stati sospesi tutti i versamenti di marzo, per le imprese con ricavi inferiori a 2 milioni di euro, fino al 31 maggio 2020, da pagare in un’unica soluzione o in cinque rate mensili. In secondo luogo è stato deciso che i lavoratori autonomi con un fatturato inferiore a 400.000 euro nell’anno 2019 e senza costi per dipendenti e assimilati per il mese di  febbraio 2020, abbiano la possibilità di richiedere la non applicazione delle ritenute d’acconto ai loro committenti, incassando quindi le fatture al lordo delle ritenute del 20% con l’obbligo di versarle in seguito, entro la scadenza del 31 maggio.

E’ stato poi varato il decreto Liquidità, con il quale sono stati sospesi i versamenti per Irpef, Ires, Iva e contributi anche per maggio e aprile, rinviando la scadenza al 30 giugno 2020, con la possibilità di rateizzare i pagamenti in un massimo di cinque rate mensili.

Il nuovo decreto ha apportato anche alcune novità:

  • le imprese e i lavoratori autonomi, con ricavi o compensi inferiori o pari a 50 milioni di euro, possono sospendere i versamenti a condizione che abbiano avuto nei mesi di marzo e-o aprile un calo del fatturato di almeno il 33% rispetto agli stessi mesi del 2019;
  • le aziende e i professionisti con ricavi o compensi annuali superiori a 50 milioni di euro, possono sospendere i versamenti se hanno registrato un calo del fatturato di marzo e-o aprile di almeno il 50% rispetto agli stessi mesi dell’anno scorso;
  • i lavoratori autonomi, con un fatturato annuo inferiore a 400.000 euro, hanno la possibilità di sospendere l’applicazione delle ritenute d’acconto anche per i compensi riferiti ad aprile e maggio, con l’obbligo di versare le ritenute entro il termine del 31 luglio 2020 oppure in cinque rate mensili di pari importo a partire da luglio.

Altre misure fiscali che interessano il settore fotovoltaico: sono stati sospesi e rimandati al 30 giugno la Dichiarazione annuale energia elettrica per il 2019, gli adempimenti relativi ai modelli Intrastat, che certificano gli scambi intracomunitari di beni e servizi, e la maggior parte degli adempimenti tributari in scadenza in tale periodo.

Tornando, invece, al decreto “Cura Italia”, è stato introdotto un nuovo meccanismo per monetizzare le attività per imposte anticipate, ammettendo la trasformazione in crediti d’imposta anche quando le attività non siano state ancora iscritte in bilancio, per favorire la cessione dei crediti deteriorati e così sostenere la liquidità delle imprese.

Vi terrò aggiornati.

Avv. Romina Zanvettor

Misure fiscali per aiutare il fotovoltaico